Il Forum Sociale Mondiale è l’alter ego no-global e
anticapitalista del Forum Economico Mondiale e dal 2001 raccoglie ogni anno
migliaia di persone appartenenti al variegato e multiforme universo delle
associazioni e dei movimenti “alterglobalisti”, che si incontrano per discutere
e condividere strategie da riproporre poi nei rispettivi Paesi di provenienza.
L’edizione 2013 è stata particolarmente significativa perché la sede prescelta
per ospitare l’evento è stata Tunisi, la capitale del Paese in cui è fiorita la
primavera araba. La parola chiave che ha scandito i cinque giorni del Forum è
la medesima che circolava di bocca in bocca all’alba della rivoluzione tunisina
nel gennaio 2011: dignità. Dal 26 al 30 marzo Tunisi è stata pacificamente
invasa da circa 5000 organizzazioni provenienti da 127 paesi per dar vita ad
una gigantesca sessione di lavori che ha visto coinvolte decine di migliaia di
persone. Non è un caso che come quartier generale della manifestazione sia
stato scelto il campus universitario di El Manar, quasi a voler ribadire ancora
una volta l’importanza fondamentale della cultura e delle giovani generazioni
per il compimento del processo di democratizzazione innescato dalla rivoluzione
dei gelsomini il cui cammino è però messo oggi in pericolo dalla deriva
islamista a cui il sistema educativo è esposto, come descrive bene anche la
vicenda di monsieur Kusdoghli, Rettore dell’università di Manouba, rinviato a
giudizio con l’accusa di aver maltrattato alcune ragazze che indossavano il velo
integrale. Intervistato durante i giorni del Forum il Rettore ha manifestato
preoccupazione per il crescente controllo sull’università da parte di gruppi
islamisti che grazie all’appoggio di Ennahda, il partito filo islamico, tentano
di imporre il loro sistema di valori su quello educativo. Il Forum è stato
tuttavia una grande occasione: entusiasti gli osservatori stranieri che hanno
parlato di una sorta di nuova primavera araba: Raffaella Bolini dell’Arci,
parla addirittura di miracolo; il quotidiano indipendente algerino El Watan
nella sua versione on line ha scritto che la presenza del FSM nel Maghreb è un
risultato straordinario per il popolo della primavera araba. Allo stesso modo
anche il principale quotidiano tunisino di lingua francese, La Presse , ha interpretato la
scelta di Tunisi come una forma di benedizione e omaggio internazionale alla
terra culla della rivoluzione democratica nel Nord Africa. Oltre ai temi che
hanno riguardato lo sfruttamento delle risorse naturali, e quelli di natura più
squisitamente sociale e politica, all’interno del Forum si è svolto anche un
interessante evento in cui il legame tra realtà e cyberspazio è stato più che
evidente: è il caso de “La piazza globale” o “#globalsquare” per usare il
linguaggio di Twitter. L’idea è stata quella di riunire in un’unica zona
attivisti e membri di movimenti che nel corso degli anni hanno manifestato
nelle piazze di tutto il mondo, allo scopo di verificare la possibilità di un
coordinamento tra le varie associazioni insieme ai sindacati ed alle grandi
organizzazioni internazionali. Ogni giorno alle 16 si è svolta un’assemblea
generale, rigorosamente trasmessa anche in streaming web, preceduta da una serie
di incontri e workshop mattutini a cui partecipava un numero più ristretto di
persone. Twitter ha svolto un ruolo determinante perché attraverso l’hashtag
“globalsquare” ha fatto in modo che i contenuti discussi nelle assemblee di
piazza venissero resi pubblici in tempo reale anche a chi non era fisicamente
presente, concorrendo ad alimentare il dibattito ed arricchendo di spunti e
contenuti le assemblee dei giorni successivi. La copertura mediatica
dell’evento inoltre è stata affidata quasi esclusivamente al web 2.0. Oltre a
Twitter (con l’hashtag #fsm2013 e #wsf2013) e Facebook, era possibile consultare
in rete il blog multilingue “Voci da Tunisi” in cui quotidianamente veniva
fornito un resoconto delle tematiche principali affrontate al forum. Alcuni
articoli erano stati in realtà ribloggati da altri blog in modo che coloro i
quali erano lì per raccontare quello che avveniva davanti ai loro occhi hanno
potuto raggiungere un numero più elevato di persone. La piazza e la rete non
sono mai state così vicine come in questi giorni di inizio primavera a Tunisi.Certo,
la questione è tutt’altro che pacificata sia per l’instabilità politica, sia
per una certa instabilità sociale: Zied Dabbar, giornalista tunisino, racconta
che sebbene rispetto all’epoca del regime di Ben Ali ci sia meno censura,
proprio perché i giornalisti hanno ripreso a fare il loro mestiere, le minacce
contro di loro sono aumentate mettendo seriamente a rischio l'incolumità personale.
La strada è ancora lunga.
(foto di "Voci da Tunisi")
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