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martedì 30 settembre 2014

Piazza dei Mestieri, in 10 anni 3mila studenti: l'85% lavora

[foto: ilsussidiario.net]
La formazione professionale è spesso un Leviatano che fagocita risorse economiche, tempo ed energie. Perduti tra progetti da stilare, ritardi nei pagamenti, discussioni infinite della politica locale sui modelli da adottare, molti enti di formazione finiscono per essere inesorabilmente stritolati dagli ingranaggi della burocrazia. Per non parlare poi di quegli enti il cui unico scopo è quello di arraffare i finanziamenti riducendo la “formazione professionale” a mero slogan. A farne le spese in prima persona, evidentemente, sono quei giovani che vorrebbero imparare un mestiere per potersi affacciare al mondo del lavoro e alla vita adulta e che invece sono costretti ad attendere, sfaccendati. Per fortuna la musica non è sempre così. Esistono degli enti di formazione professionale che, pur tra enormi difficoltà, lavorano in maniera impeccabile e soprattutto garantiscono ai ragazzi che vi si iscrivono un'ottima formazione e una reale possibilità di imparare. È il caso ad esempio della “Piazza dei Mestieri” nata a Torino ma attiva già da qualche anno anche a Catania, un'impresa sociale educativa la cui mission è proprio quella di aiutare ragazzi di età compresa tra i 14 e i 18 anni (molti dunque ancora in obbligo scolastico) ad imparare un mestiere e ad inserirsi così nel mondo del lavoro. I numeri parlano chiaro: in dieci anni di attività della Fondazione “Piazza dei Mestieri” 3000 ragazzi hanno frequentato i corsi professionali e circa l'85% di essi hanno trovato lavoro al termine del percorso formativo. A Catania, dove la “Piazza” è presente dal 2011, gli iscritti ai corsi sono stati circa 400. Non è un caso dunque che la Fondazione “Piazza dei Mestieri” sia stata annoverata nell'Olimpo degli istituti d'eccellenza assieme ad altre realtà che hanno fatto diventare rivoluzionaria un'idea vecchia e quasi scontata: imparare un mestiere stando in classe, alternando alle ore di lezione teorica un congruo numero di ore da trascorre in laboratorio mettendo le mani in pasta, in alcuni casi letteralmente, nel proprio lavoro. La Fondazione “Piazza dei Mestieri” quest'anno spegne dieci candeline e nella sede storica di Torino si prepara una settimana di festeggiamenti ricca di incontri, dibattiti e momenti conviviali ai quali parteciperà anche un drappello di studenti catanesi. Ma dove sta il segreto del successo di un'opera del genere? Forse sta nel modo di guardare ogni singolo ragazzo e considerarlo – come ebbe a dire una volta Cristiana Poggio, vice presidente della Fondazione – «la cosa più importante dell'universo».

Pubblicato su La Sicilia lunedì 29 Settembre 2014

mercoledì 17 settembre 2014

Se il campo sportivo del carcere si trasforma in teatro all'aperto

(foto Davide Anastasi)
Chissà come avrebbe reagito Luigi Pirandello se gli avessero detto che un giorno una delle sue novelle sarebbe stata messa in scena in un carcere e che gli attori sarebbero stati proprio gli stessi detenuti? Eppure della compagnia teatrale, assolutamente sui generis, che lungo il corso degli anni si è venuta formando nella casa circondariale di piazza Lanza non ci si dovrebbe ormai sorprendere più di tanto. Dopo il “Barabba” del premio nobel svedese Lagerkvist questa volta è stato il turno de “La giara”, una commedia famosissima del premio nobel agrigentino. La tematica apparentemente più “leggera” rispetto alle precedenti rappresentazioni non deve trarre in inganno perché nella commedia infatti emergono chiaramente alcuni temi fondamentali della poetica pirandelliana. Eppure nel cortile del carcere, adibito di solito a campetto sportivo ma trasformato per l'occasione in un teatro all'aperto, si ride delle disavventure del povero don Lolò Zirafa alle prese con Zi' Dima Licasi e attorniato dagli altri personaggi della commedia: l'avvocato Scimè, 'Mpari Pè, Tararà, Fillicò, 'gnà Tana e il mulattiere. Dialoghi tutti rigorosamente in dialetto siciliano nei quali si colgono le varie sfumature, dagli accenti però inconfondibili, del catanese, del paternese o dell'adranita. Ciliegina sulla torta: il detenuto straniero che per l'occasione ha imparato a recitare in dialetto! Il merito va sicuramente agli attori-detenuti che, in un lasso di tempo brevissimo, hanno imparato il copione e si sono calati perfettamente nelle parti loro assegnate cimentandosi con un testo di non semplice resa scenica grazie anche alla sapiente regia del professore Alfio Pennisi, preside del Liceo Spedalieri con la collaborazione del dott. Giuseppe Avelli, responsabile dell'area educativa del carcere e grazie anche all'aiuto fattivo di tanti volontari che hanno contribuito alla realizzazione della scenografia e dei costumi. «Il laboratorio teatrale, giunto ormai al terzo anno, è – come sottolineato dal comandante Salvatore Tramontana – una delle attività che coinvolge maggiormente i carcerati». Emblematica proprio la rappresentazione della commedia pirandelliana alla quale hanno assistito contemporaneamente tutti i detenuti del carcere, oltre trecento persone, e che ha costituito una novità assoluta per piazza Lanza. «Il segno di un rapporto di fiducia – ha sottolineato la dott.ssa Elisabetta Zito, direttore della struttura – che negli anni è andato via via rinforzandosi tra volontari, personale carcerario e detenuti». La messa in scena de “La giara” è coincisa anche con un avvenimento particolare: il cappellano del carcere, mons. Francesco Ventorino, ha da poco compiuto sessant'anni di sacerdozio ed è a lui che i detenuti hanno voluto dedicare la piéce teatrale. Fino a qualche anno fa – ha detto mons. Ventorino ai detenuti – mai avrei immaginato di festeggiare i miei 60 anni di sacerdozio in questo luogo così bello. Ed è bello perché qui l'inevitabile pena della detenzione, che vi priva della libertà, si accompagna ad una attenzione a non rendere ancora più gravosa questa pena a cui siete sottoposti. Questo è un luogo umanissimo dove la vostra umanità dolorante si incontra con l'umanità cristiana di chi vi sorveglia perché nel cristianesimo l'uomo non perde mai la sua dignità qualunque delitto commetta».

Pubblicato su La Sicilia mercoledì 17 settembre 2014