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giovedì 27 febbraio 2014

Pentiti e scandali per Enzo Russo

In un pomeriggio noioso e sonnolento un uomo bussa al portone della sede romana della Dia. Non spiega il motivo della sua visita, dice solo di essere il dottor Ettore Milazzo, un commercialista palermitano, e di voler parlare esclusivamente con il direttore. All’iniziale diffidenza dei funzionari della direzione investigativa antimafia un nome, pronunciato dal misterioso personaggio, cattura immediatamente il loro interesse: Giovanni Basile. Dietro questo nome infatti si cela uno dei più pericolosi latitanti ricercato da anni senza successo da tutte le forze di polizia. Milazzo è un pezzo pregiatissimo dell’ingranaggio criminale di Basile, è colui che ne cura personalmente gli interessi in ogni parte del mondo, ma è anche colui che ha deciso di consegnare il suo boss alle forze dell’ordine perché si è reso conto che la sua vita è in pericolo... Prende da qui le mosse l’avvincente romanzo di Enzo Russo, “Nessuno escluso” (Barion, 2013) pubblicato per la prima volta nel 1995, in un periodo in cui il fenomeno dei pentiti e del pentitismo si mischiava alle efferate stragi di mafia che qualche anno prima avevano visto cadere i giudici Falcone e Borsellino. In un crescendo di colpi di scena le rivelazioni di Ettore Milazzo, che pezzo dopo pezzo ricostruiscono un puzzle in cui la menzogna sembra verità e la verità menzogna, provocheranno un terremoto istituzionale che susciterà scandali, arresti e dimissioni, trascinando nell’ignominia uomini fino a quel momento considerati irreprensibili. C’è però una domanda che si insinua nel romanzo dall’inizio alla fine: chi è davvero Ettore Milazzo?


Pubblicato su La Sicilia giovedì 16 Gennaio 2014

mercoledì 26 febbraio 2014

La solidarietà sociale al servizio della scuola

La scuola è un bene di tutti e per tutti, svolge un ruolo sociale di fondamentale importanza e come tale deve essere tutelato e garantito. Dalle colonne di questo giornale qualche giorno fa il professor Lamberto Maffei, presidente dell’Accademia dei Lincei, sottolineava come la questione educativa costituisse una vera e propria emergenza nel nostro Paese. Nel nostro territorio questa situazione risulta essere ancora più drammatica a fronte spesso di una mancanza di risorse da destinare alla scuola che né le Istituzioni né gli enti locali sono in grado di garantire in modo pieno. Quali possono essere allora le possibili soluzioni che la società civile può mettere in campo per salvaguardare un bene così prezioso come l’educazione delle nuove generazioni? Il professor Francesco Garraffo, docente di Business Economics & Management all’Università di Catania, parla del progetto “educare”, un progetto che verrà presentato oggi alla città in un incontro pubblico.

Professore in cosa consiste concretamente il progetto “educare”?
«Ci troviamo di fronte, per quanto riguarda il nostro territorio, ad un’iniziativa innovativa, pionieristica potrei dire, attraverso la quale si vuol far dialogare il mondo profit, delle aziende, con il mondo non-profit. Si tratta quindi di una proposta di solidarietà sociale volta a finanziare, realizzare, avviare opere educative».

Come funziona?
«Il procedimento è molto semplice: attraverso una card, la “educare card”, che verrà distribuita gratuitamente a coloro che saranno interessati al progetto e ne faranno richiesta e grazie ad alcune aziende radicate da molti anni nel nostro territorio che hanno accettato di aderire ad educare, verrà devoluta una percentuale dell’incassato proveniente dagli acquisti che le persone hanno effettuato utilizzando questa card. Questa percentuale andrà a sostenere un fondo di risorse finanziare messo a disposizione della Fondazione Sant’Orsola, la quale provvederà a realizzare opere educative aperte a tutti, a favore cioè di tutti gli alunni delle scuole medie e superiori di Catania. Non verrà fatta distinzione tra privato e statale ma ci sarà la possibilità per i giovani di usufruire di queste risorse sotto forma di progetti e iniziative. Se ci riflettiamo con attenzione, il bene di cui qui si sta parlando è un bene pubblico, è il bene dell’educazione, che non riguarda la scuola privata o la scuola pubblica, ma che riguarda i nostri giovani e il loro futuro che sono un patrimonio inestimabile dell’intera società. Un giovane può crescere, può evolvere, può diventare migliore nella misura in cui potrà accedere ad iniziative che lo aiutano a migliorare. Il progetto educare si pone dunque come mission proprio questo».

Perché un’impresa dovrebbe aderire ad un progetto del genere?
«Rispondo a questa domanda citando a memoria una frase che ho sentito dire una  volta ad un imprenditore che di sua spontanea volontà realizzava iniziative di questo genere: “Faccio queste cose perché voglio lasciare un segno”. Le imprese sono vissute e gestite da persone, portatrici di bisogni che in molti casi, e aggiungo per fortuna, vanno al di là del bisogno meramente economico e di soddisfazione personale. Un’impresa svolge già una funzione sociale nel momento in cui assume persone che costituiranno poi una famiglia e grazie al loro lavoro potranno realizzare poi altri progetti di vita. Ma l’impresa svolge il suo ruolo sociale facendo lavorare altre imprese, perché un’azienda radicata in un territorio sviluppa volume d’affari per altre aziende. Oggi, lo stiamo vedendo anche con il progetto educare, ci sono imprese nel nostro territorio sensibili a questi temi che hanno il desiderio di sostenere iniziative di questa natura. Gli imprenditori stessi, gli uomini e le donne che gestiscono imprese, sentono il bisogno di lasciare un segno nella società attraverso quello che loro stessi negli anni hanno realizzato».

Come dovrebbero guardare le Istituzioni, spesso distratte quando si tratta di educazione,  a questi tentativi “dal basso”?

«Sicuramente possono guardare in termini estremamente positivi. Le ragioni possono essere tante ma ne voglio elencare almeno due: primo, le Istituzioni a qualunque livello ,ormai hanno acquisito la consapevolezza che i mezzi di cui disponevano un tempo ora non sono più disponibili e quindi la capacità dei privati di sopperire alle carenze delle risorse pubbliche è un vantaggio per tutti. Ma non solo. La disponibilità dei privati di sostenere iniziative di questa natura crea sinergia con ciò che il pubblico fa e quindi la somma di una sinergia risulta sempre superiore al valore dei singoli addendi. La capacità di alcuni soggetti, profit e no-profit, di spendersi per realizzare iniziative di questa natura permette inoltre, sembra un paradosso ma non è così, non solo di alimentare opere di natura sociale che fanno bene a tutti, ma fa in modo che queste opere lavorino a favore delle altre opere che lo Stato realizza per creare il benessere della collettività. Il bello di questo progetto sperimentale (“educare n.d.r.) qui nel nostro territorio consiste proprio nel tentativo di mettere in una concreta e fattiva relazione il mondo profit con quello no-profit. È un modo nuovo, diverso, direi quasi una nuova socialità, per citare le parole di Bernhard Scholz, che fa riferimento a valori di solidarietà, di benessere collettivo, di bene comune; valori critici per una migliore crescita della nostra società».

Pubblicato su La Sicilia venerdì 6 dicembre 2013