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sabato 1 agosto 2015

"Sono stata accolta e ho riscoperto la mia fede"

[foto Giovanna Leoni]
La storia di Evelyne e di suo marito Peter narra di un lungo viaggio, un viaggio pieno di insidie, di rischi e di sofferenze, ma racconta anche di un incontro carico di speranza e di un'amicizia nata dalla consapevolezza che «in qualsiasi cosa, se si è attenti, si possono cogliere i segni della presenza amorosa di Dio». Partiti dal Congo, quattro anni fa, dopo aver attraversato il Mediterraneo stipati come animali a bordo di uno di quei relitti che i trafficanti di esseri umani si ostinano ad utilizzare come barche per incrementare i loro sporchi affari milionari, lei e Peter giungono a Lampedusa da dove poi vengono trasferiti e alloggiati in un albergo del centro di Monza insieme ad altri profughi. «Nel 2010 abbiamo deciso di lasciare il nostro Paese – racconta Evelyne – soprattutto perché la situazione politica era molto instabile e tendeva progressivamente a degenerare». Evelyne e Peter non hanno intenzione di venire in Italia ma, più semplicemente, desiderano trovare migliori condizioni di lavoro e di vita. Così, a piedi e con mezzi di fortuna, risalgono mezzo continente africano e, all'inizio del 2011, giungono a stabilirsi a Kufra, una piccola oasi della Cirenaica, la regione sud-orientale della Libia in pieno Sahara. Lì Peter trova da lavorare e sembra che finalmente la giovane coppia abbia trovato una sistemazione definitiva senonché la rivoluzione libica scombina ogni loro piano e li costringe a spostarsi verso Tripoli da dove poi si imbarcano per l'Italia. «Dopo un viaggio estenuante, in cui per tre giorni siamo rimasti immobili nella stessa posizione, appiccicati gli uni agli altri, senza mangiare e senza bere, siamo approdati a Lampedusa dove siamo stati accolti e rifocillati, ci è stata riconosciuta la protezione sussidiaria e subito, il giorno dopo, siamo stati imbarcati per Genova destinazione Monza». Nel gruppo di profughi che soggiornano in albergo c'è una ragazza incinta, una gravidanza a rischio, ha bisogno di assistenza medica. In un ospedale, dove alcuni di loro si recano per avere aiuto, conoscono Maria, un'ostetrica che prende a cuore la loro situazione. Anche lei vive a Monza e, appena tornata a casa, racconta a sua mamma dell'incontro fatto, insieme vanno a trovare i profughi in albergo, cominciano ad insegnare loro i rudimenti dell'italiano, danno suggerimenti pratici, nasce un'amicizia. Maria e sua mamma fanno parte di un movimento ecclesiale, quello di Comunione e Liberazione, e quest'incontro segnerà per sempre la vita di Evelyne e Peter. «Attraverso i volti di Maria, poi di Paola e di tanti altri ho riscoperto il grande amore che Dio ha per noi, la grandezza di quello che ha operato nella nostra vita: ripenso soprattutto al nostro viaggio, al fatto che siamo arrivati sani e salvi mentre tanti come noi sono finiti in fondo al mare, ma penso anche alla mia famiglia, alle mie bambine...» È dentro quest'amicizia che in Evelyne rifiorisce il desiderio di fare la Cresima che lei e Peter hanno ricevuto nel Duomo di Monza il 9 maggio scorso. «Sono cresciuta in una famiglia cattolica, mia mamma è una donna di grande fede e per questo motivo sono stata battezzata subito dopo essere nata. Di solito in Congo i sacramenti si ricevono quando si è un po' più grandi, il Battesimo verso gli otto anni, la Comunione a tredici-quattordici anni e la Cresima perfino a 18 anni! Anche il matrimonio si celebra in modo un po' differente: prima si fa una cerimonia tradizionale nella quale lo sposo, portando una dote alla famiglia della sposa, sancisce in questo modo l'uscita definitiva di quest'ultima dalla casa paterna per accoglierla nella nuova casa. Senza questo “primo” matrimonio non ci si può sposare in chiesa». Anche Evelyne e Peter si sono sposati nella maniera tradizionale e avevano iniziato la preparazione alla Cresima in vista anche del matrimonio religioso ma poi il viaggio che li ha condotti a Lampedusa ha fermato tutto. «Quando siamo arrivati in Italia eravamo un po' spaesati, senza casa, senza una stabilità economica e alla Cresima non ci pensavo più di tanto. Poi l'incontro con gli amici del Movimento di CL ha cambiato la mia vita, il mio modo di pensare le cose: sono diventata più certa del fatto che voglio seguire Gesù. Con la Cresima – conclude Evelyne – ho voluto consolidare la mia fede e ringraziare il Signore di questi doni così grandi!».

Pubblicato su Credere n. 29 del 19 Luglio 2015