[foto Giovanna Leoni] |
La
storia di Evelyne e di suo marito Peter narra di un lungo viaggio, un
viaggio pieno di insidie, di rischi e di sofferenze, ma racconta
anche di un incontro carico di speranza e di un'amicizia nata dalla
consapevolezza che «in qualsiasi cosa, se si è attenti, si possono
cogliere i segni della presenza amorosa di Dio». Partiti dal Congo,
quattro anni fa, dopo aver attraversato il Mediterraneo
stipati come animali a bordo di uno di quei relitti che i trafficanti
di esseri umani si ostinano ad utilizzare come barche per
incrementare i loro sporchi affari milionari, lei e Peter giungono a
Lampedusa da dove poi vengono trasferiti e alloggiati in un albergo
del centro di Monza insieme ad altri profughi. «Nel
2010 abbiamo deciso di lasciare il nostro Paese – racconta Evelyne
– soprattutto perché la situazione politica era molto instabile e
tendeva progressivamente a degenerare».
Evelyne e Peter non hanno intenzione di venire in Italia ma, più
semplicemente, desiderano trovare migliori condizioni di lavoro e di
vita. Così, a piedi e con mezzi di fortuna, risalgono mezzo
continente africano e, all'inizio del 2011, giungono a stabilirsi a
Kufra, una piccola oasi della Cirenaica, la regione sud-orientale
della Libia in pieno Sahara. Lì Peter trova da lavorare e sembra che
finalmente la giovane coppia abbia trovato una sistemazione
definitiva senonché la rivoluzione libica scombina ogni loro piano e
li costringe a spostarsi verso Tripoli da dove poi si imbarcano per
l'Italia. «Dopo
un viaggio estenuante, in cui per tre giorni siamo rimasti immobili
nella stessa posizione, appiccicati gli uni agli altri, senza
mangiare e senza bere, siamo approdati a Lampedusa dove siamo stati
accolti e rifocillati, ci è stata riconosciuta la protezione
sussidiaria e subito, il giorno dopo, siamo stati imbarcati per
Genova destinazione Monza». Nel gruppo di profughi che soggiornano
in albergo c'è una ragazza incinta, una gravidanza a rischio, ha
bisogno di assistenza medica. In un ospedale, dove alcuni di loro si
recano per avere aiuto, conoscono Maria, un'ostetrica che prende a
cuore la loro situazione. Anche lei vive a Monza e, appena tornata a
casa, racconta a sua mamma dell'incontro fatto, insieme vanno a
trovare i profughi in albergo, cominciano ad insegnare loro i
rudimenti dell'italiano, danno suggerimenti pratici, nasce
un'amicizia. Maria e sua mamma fanno parte di un movimento
ecclesiale, quello di Comunione e Liberazione, e quest'incontro
segnerà per sempre la vita di Evelyne e Peter. «Attraverso i volti
di Maria, poi di Paola e di tanti altri ho riscoperto il grande amore
che Dio ha per noi, la grandezza di quello che ha operato nella
nostra vita: ripenso soprattutto al nostro viaggio, al fatto che
siamo arrivati sani e salvi mentre tanti come noi sono finiti in
fondo al mare, ma penso anche alla mia famiglia, alle mie bambine...»
È dentro quest'amicizia che in Evelyne rifiorisce il desiderio di
fare la Cresima che lei e Peter hanno ricevuto nel Duomo di Monza il
9 maggio scorso. «Sono cresciuta in una famiglia cattolica, mia
mamma è una donna di grande fede e per questo motivo sono stata
battezzata subito dopo essere nata. Di solito in Congo i sacramenti
si ricevono quando si è un po' più grandi, il Battesimo verso gli
otto anni, la Comunione a tredici-quattordici anni e la Cresima
perfino a 18 anni! Anche il matrimonio si celebra in modo un po'
differente: prima si fa una cerimonia tradizionale nella quale lo
sposo, portando una dote alla famiglia della sposa, sancisce in
questo modo l'uscita definitiva di quest'ultima dalla casa paterna
per accoglierla nella nuova casa. Senza questo “primo” matrimonio
non ci si può sposare in chiesa». Anche Evelyne e Peter si sono
sposati nella maniera tradizionale e avevano iniziato la preparazione
alla Cresima in vista anche del matrimonio religioso ma poi il
viaggio che li ha condotti a Lampedusa ha fermato tutto. «Quando
siamo arrivati in Italia eravamo un po' spaesati, senza casa, senza
una stabilità economica e alla Cresima non ci pensavo più di tanto.
Poi l'incontro con gli amici del Movimento di CL ha cambiato la mia
vita, il mio modo di pensare le cose: sono diventata più certa del
fatto che voglio seguire Gesù. Con la Cresima – conclude Evelyne –
ho voluto consolidare la mia fede e ringraziare il Signore di questi
doni così grandi!».
Pubblicato su Credere n. 29 del 19 Luglio 2015