Powered By Blogger

martedì 15 settembre 2015

Eva Mascolino: "La mia scrittura parte dalla realtà".

[foto ANSA]
Due anni fa era tra i venticinque semifinalisti del “Campiello giovani”, il premio letterario riservato agli scrittori in erba con un'età compresa tra i 15 e i 22 anni; oggi la ritroviamo vincitrice, ancora un po' incredula, della ventesima edizione del concorso. Eva Mascolino, studentessa di Lingue e culture straniere all’università di Catania, questa volta è riuscita a convincere i giudici che, il 12 settembre scorso, hanno deciso di premiare il suo “Je suis Charlie”.

Eva quali sono state le prime sensazioni che hanno accompagnato la vittoria del “Campiello giovani”?
«Innanzitutto molto stupore perché davvero non mi aspettavo di vincere. Un'altra sensazione è stata certamente di orgoglio perché la notizia è stata accolta in Sicilia con grande gioia, molta gente mi ha telefonato dicendomi che era fiera di me e che la mia vittoria dava lustro a tutta l'Isola. Spesso si ritiene infatti che la qualità dell'istruzione nel meridione sia inferiore e quindi la vittoria in un concorso letterario di una persona che si è formata interamente al Sud è una bella soddisfazione per tutti».

Nella prima intervista su questo giornale raccontavi come scrivere fosse sì un aspetto importante nella tua vita ma quasi una sorta di hobby. Alla luce di questa vittoria come cambia il tuo rapporto con la scrittura?
«Beh non è mai stata solo un hobby, io ho sempre puntato sul fatto che da grande per me sarebbe divenuta qualcosa d'altro. Adesso siamo vicini al punto, i cui contorni sono ancora un po' sbiaditi, in cui può diventare anche un mestiere. Il mio ideale sarebbe scrivere opere, curare personalmente la traduzione in altre lingue in modo che il messaggio che desidero comunicare arrivi senza la mediazione di terzi e poi, nel tempo libero, dedicarmi al giornalismo».

Tu studi Lingue all’università di Catania, attualmente ti trovi in Francia per il progetto “Erasmus”, il protagonista del tuo racconto è un francese e la storia si snoda tra la Sicilia e Parigi sullo sfondo del terribile attentato alla redazione di “Charlie Hebdo”. C'è qualcosa che ti lega particolarmente al paese transalpino?
«Certamente sì. Il mio racconto era nato inizialmente proprio per raccontare la bellezza di Parigi, una bellezza che può diventare ossessiva, una bellezza che può far male, fino a far perdere addirittura l'orientamento di sé. Mi è capitata fra le altre cose una cosa piuttosto singolare: ho realizzato l'ambientazione del mio racconto molti mesi prima di conoscere la destinazione del mio Erasmus. Scoprire poi che avrei studiato nella stessa città scelta da me come luogo di nascita del mio protagonista mi ha colpito profondamente. Quindi posso ben dire che tra me e la Francia c'è un legame profondo, viscerale quasi».

Volevi scrivere un racconto su Parigi, nel frattempo è accaduto l'attentato a “Charlie Hebdo”. Perché hai deciso di inserire questo fatto di cronaca nella costruzione del tuo lavoro?
«Non riuscivo a trovare una trama stabile sul tema della bellezza stordente di Parigi. Poi c'è stato l'attentato. Mi sono accorta che i media manifestavano un interesse molto morboso per tutto quello che era successo. L'attentato ha colpito tutti ma alcuni l'hanno enfatizzato specialmente perché è successo nella civilissima Europa, fosse successo in Etiopia nessuno se ne sarebbe occupato. Questa cosa mi ha indignata. Il mio personaggio, che nel nucleo narrativo originario già faceva il vignettista, l'ho collegato alla vicenda di Charlie Hebdo in modo tale da legare alla trama originale il tema della denuncia sociale».

La realtà in questo caso ha preso, quasi di forza, il sopravvento. Com'è per uno scrittore il rapporto con la realtà?

«La realtà è uno spunto fortissimo e di sicuro senza realtà non ci sarebbe scrittura perché la fantasia per mettersi in moto necessita di molti input esterni. La realtà è la materia prima per plasmare quello che penso, che sento e che poi vale la pena di scrivere. La scrittura poi secondo me è anche un modo per proteggersi perché attraverso di essa si decide cosa filtrare della realtà e anche si riesce a darle un'interpretazione, ad inserirla in un quadro che sia compiuto perché in un racconto ci sono sempre un inizio e una fine. Però la realtà è fondamentale. Senza realtà non scriverei nulla».

Pubblicato su La Sicilia martedì 15 Settembre 2015