«L’idea di una mostra sull’Eucaristia – racconta
Eugenio Dal Pane, direttore editoriale della casa editrice Itaca e ideatore e
coordinatore della mostra – è maturata a seguito di quella su san Paolo, che mi
fu proposta dalla CEI in occasione dell’Anno Paolino. Ero stato impressionato
da ciò che avevo visto accadere». Ed in effetti le cifre che Dal Pane elenca
sono importanti: oltre 70 diocesi coinvolte, 140 allestimenti e circa 300.000
visitatori. «Mi chiesi come dare continuità a tale esperienza – prosegue – e
parlando con un responsabile del Progetto Culturale della CEI venni a sapere
del Congresso Eucaristico Nazionale. Immediatamente fui attirato da una mostra
sull’Eucaristia che si poneva in continuità con la mostra di san Paolo: dal
testimone a Cristo stesso». Come la precedente, anche questa mostra sarà
allestita e presentata in tutta Italia. Per la “prima” siciliana è stata scelta
la Galleria
di Palazzo Costa Grimaldi ad Acireale, e da giovedì 13 fino a domenica
30 ottobre sarà aperta al pubblico. Una domanda ha però accompagnato in modo
insistente i curatori durante il lavoro di preparazione della mostra, quasi una
preoccupazione: “Ha senso parlare dell’Eucaristia? Ha senso una mostra
sull’Eucaristia da proporre alla città? Non è un tema troppo 'spirituale'?” La
risposta è stata sì, vale la pena proporre pubblicamente una mostra su questo
tema, perché essa offre a ciascuno l’opportunità di domandarsi su cosa ha
fondato la propria vita, cosa la sostiene quotidianamente e cosa, o Chi, la
salva dall’oblio della morte. Queste domande, troppo spesso liquidate come
“metafisiche” o “astratte”, investono invece anche la società civile. Come
evidenziato anche dal Censis nel 44°
Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2010, «siamo una società
pericolosamente segnata dal vuoto» in cui «il desiderio diventa esangue dopo
una lunga cavalcata di soddisfazione dei desideri covati per decenni se non per
secoli. […] Occorre un rilancio del desiderio individuale e collettivo». Ma per
realizzare questo “rilancio del desiderio” ci sono due strade: o confidare
solamente nei propri mezzi, ma presto o tardi il tempo ne fa emergere tutti i
limiti, oppure l’accadere di un imprevisto. Il titolo scelto per la mostra “Oggi devo fermarmi a casa tua”
ripropone le parole di Gesù a Zaccheo, il capo dei pubblicani di Gerico
descritto nel vangelo come odiato e reietto da tutti, il quale dopo questo
incontro inatteso mutò radicalmente la propria vita, regalando metà dei suoi
averi ai poveri e restituendo quanto aveva accumulato con la frode. È un fatto
gratuito ed inimmaginabile infatti che ha potuto cambiare il cuore di
quell’uomo, non uno sforzo etico od un pio desiderio, ma la presenza fisica di
Gesù che, in modo sorprendente, lo ha guardato come nessuno mai aveva osato
guardarlo. “Ma queste medesime parole – ha affermato mons. Edoardo Monichelli
Arcivescovo di Ancona – Cristo continua a rivolgerle ancora oggi a ciascuno di
noi”. Solo un uomo afferrato da Cristo infatti può diventare protagonista nuovo
nella società e per questa ragione l’Eucaristia è quanto di più concreto ci
possa essere per rispondere alla crisi del nostro Paese. Come ha ribadito
spesso il Papa, la novità, nella società civile, non può venire appena dalla
politica o dal demiurgo di turno, ma dai santi, cioè da uomini che hanno
accolto nella loro vita l’amicizia di Gesù e, cambiati fin nel loro intimo,
sono capaci di una creatività straordinaria che rende migliore la società e la
vita di tutti. La sfida, audace ma appassionante, che la mostra vuole proporre
a tutti i visitatori è che ognuno esca con questa certezza: Cristo si è fermato
a casa mia.
venerdì 14 ottobre 2011
sabato 8 ottobre 2011
La critica "pura" di Debenedetti
«Questo scrittore per fortuna non pratica la
letteratura come sfogo o privilegiata secrezione di un’anima bella. In lui c’è
l’idea, tutt’altro che bacchettona, della letteratura come buona azione».
Queste parole di Giacomo Debenedetti con le quali veniva proclamato il
vincitore del Premio Crotone 1961, assegnato a Leonardo
Sciascia per “Il Giorno della civetta”, sono una testimonianza della profonda
stima che il critico letterario nutriva nei confronti dello scrittore siciliano,
stima ampiamente ricambiata da Sciascia che lo definiva “il maggior critico
italiano dei nostri anni”. Un recentissimo saggio di Pietro Milone
ricostruisce, in un volume impreziosito da numerose fonti inedite, il rapporto
dello scrittore di Racalmuto con Debenedetti. Ma non solo. Il sottotitolo del
volume – “La musica dell’uomo solo tra
Debenedetti, Calvino e Pasolini” – come in un gioco di specchi, riflette la
fortunata espressione critica che Debenedetti coniò per Pirandello e la
proietta su Sciascia poiché egli specchiava la propria identità di scrittore in
quella dell’illustre conterraneo, verso il quale nutriva un profondo senso di
figliolanza reso ancora più cogente, «dopo la contrapposizione antagonistica
della giovanile ribellione», dalla scoperta di ciò che li accomunava. Ma “la
musica dell’uomo solo” – prosegue Milone – è in realtà una polifonia perché è
con i coetanei e fraterni Pasolini e Calvino che Sciascia si confronta,
affidando alla letteratura la difesa di un destino di umanità per l’uomo
attraverso il quale egli può conoscere se stesso e la verità.
Pubblicato su La Sicilia sabato 8 ottobre 2011
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