[foto archivio piazza dei mestieri] |
Una giornata alla “Piazza dei Mestieri” di Torino con Salvo,
Giovanni, Ivan, Danilo, Ilenia, Noemi, Lucia, Alfina, Samuel, Martina, Siria e
Francesco, giovanissimi catanesi che, come molti loro coetanei, iniziano ad
affacciarsi alla vita adulta portando dentro di sé un grande desiderio di
realizzazione. Non frequentano una scuola, pur essendo molti ancora in obbligo
scolastico, perché i percorsi formativi “tradizionali” non coincidono con le
loro naturali inclinazioni oppure perché un fallimento scolastico ha ingenerato
un rifiuto verso qualsiasi tipo di scuola. A guardarli bene però questi ragazzi
non sembrano affatto depressi o rassegnati anzi mostrano quasi una baldanza
ingenua quando ti raccontano quello che desiderano fare “da grandi”. E la
strada che percorreranno da grandi in un certo senso è un sentiero già
tracciato perché ciascuno di loro si sta preparando chi a diventare
termoidraulico, chi chef, chi acconciatore, chi estetista, chi barman. La
formazione professionale rimane dunque l'unica valida alternativa ai percorsi
scolastici tradizionali capace di arginare il fenomeno drammatico della
dispersione scolastica che spesso, come un effetto domino, genera esiti nefasti
primariamente nei giovani e poi nella società civile. La Fondazione Piazza dei Mestieri
è nata dieci anni fa a Torino proprio per rispondere a questa sfida che è in
primo luogo educativa. Racconta Dario Odifreddi, Presidente della Fondazione,
che uno dei motivi per i quali è nata la “Piazza” è stato proprio quello di
accorgersi con dolore che «tanti giovani si perdevano per strada senza poter
mettere a frutto i loro talenti. Abbiamo pensato così di costruire un luogo
capace di accoglierli e di accompagnarli nel loro percorso educativo e nel loro
inserimento nel mondo del lavoro». Un modello di inclusione sociale rivolto ai
minori questo della “Piazza”, che attraverso il sistema duale scuola-lavoro, ha
introdotto nel mondo delle professioni migliaia di ragazzi. Un modello che si è
rivelato “esportabile” tanto è vero che da qualche anno, in partnership con
“Archè”, Ente di Formazione accreditato presso la regione siciliana, la
“Piazza” è sbarcata a Catania. E proprio in occasione della settimana di
festeggiamenti per il decennale i dodici giovani catanesi, in rappresentanza di
tutti i loro compagni dei vari corsi, si sono ritrovati a Torino nella sede
storica della “Piazza dei Mestieri”. Ed è proprio in quel luogo che li abbiamo
incontrati, nella piazza della “Piazza”, la grande corte interna nella quale
ogni giorno sciamano centinaia di ragazzi che si avviano verso le proprie aule
o verso i laboratori dove imparano il mestiere con il quale si guadagneranno da
vivere. Chiediamo loro che cosa li ha colpiti maggiormente della “Piazza” di
Torino e la risposta quasi unanime è che «qui è più grande e ci sono molte più
cose». Ma subito uno dei ragazzi ci tiene a precisare che «anche se a Catania
la “Piazza” è più piccola impariamo tanto e siamo ogni giorno aiutati a capire
cos'è il lavoro, come dobbiamo comportarci nel luogo di lavoro e come rapportarci
con le altre persone». È l'impronta di un modello vincente che si è fatto
strada in questi anni e che prima ancora di insegnare una tecnica punta tutto
sull'umanità di ogni ragazzo sfidandola e cercando di far emergere il meglio di
ciascuno. Questa dinamica diciamo così “affettiva” si riverbera poi nel modo di
cucinare un piatto, di fare un caffè, di aggiustare un motore o di fare
un'acconciatura; perfino pulire dopo aver utilizzato la propria postazione di
lavoro diventa un'occasione di crescita personale. C'è però un altro aspetto
che colpisce i giovani catanesi, un aspetto che, dicono, vorrebbero vedere
presto realizzato anche a Catania. La “Piazza dei Mestieri” a Torino non è solo
un luogo in cui si impara un mestiere, ma è anche allo stesso tempo il luogo in
cui questo mestiere può essere messo subito a frutto. E così i ragazzi del
corso per chef ad esempio cucinano per i loro compagni che all'ora di pranzo
vanno a mangiare in mensa; oppure i ragazzi del servizio bar lavorano al
birrificio o al ristorante “La Piazza”, aperto al pubblico sette giorni su
sette. Per non parlare poi del laboratorio nel quale i ragazzi lavorano la
cioccolata che viene venduta lì direttamente. È l'idea dei prodotti a
“chilometro zero” oggi così tanto in voga e che ha reso negli anni la Piazza
dei Mestieri un vero e proprio punto di riferimento per tutta la città di
Torino e i suoi abitanti. Ecco spiegato quell'85% di giovani che, dopo aver
ottenuto la qualifica professionale al termine del ciclo di studi alla “Piazza
dei Mestieri” si inseriscono immediatamente nel mondo del lavoro. Ma a Catania,
dove il numero delle imprese legate al territorio è minore rispetto a Torino,
dove le politiche regionali relative alla formazione professionale sono un
disastro tutto questo sarà possibile?
«Le possibilità che questo accada anche a Catania ci sono – dice ancora il
Presidente Odifreddi – perché anche lì ci sono una serie di rapporti che in
questi anni sono nati, che si sono sviluppati con le imprese e anche con
agenzie territoriali legate al mondo del turismo. Quello di cui ci sarebbe
veramente bisogno prima di ogni altra cosa però è la stabilizzazione del
quadro, cioè avere la certezza che in un periodo ragionevole ci sia la
possibilità che il percorso formativo abbia una sua continuità. Se un padre e
una madre hanno un figlio adolescente che vuol intraprendere la formazione
professionale faranno molta fatica a sostenere un percorso che non si sa se
avrà un termine: sarebbe come iscrivere un figlio a scuola con l'incognita però
che l'anno prossimo potrebbe non attivarsi la classe successiva. Questa è la
cosa più urgente da fare; dopo ci sono le procedure, gli aspetti burocratici, i
pagamenti, ma la cosa più importante in questo momento è consolidare il
quadro». Una speranza che anima anche i dodici giovani catanesi che prima di
salutarci ci dicono: «Speriamo che la “Piazza” di Catania diventi come quella
di Torino».
Pubblicato su La Sicilia lunedì 6 Ottobre 2014