Sette figure a grandezza
naturale, sette statue di terracotta; sei di queste disposte attorno all’unica
figura posta al centro, distesa. Chi si trovasse a visitare la chiesa di Santa
Maria della Vita a Bologna, non molto lontano da piazza Maggiore, si imbatterebbe
in questa scena in cui è rappresentato uno dei capolavori della scultura
italiana quattrocentesca, un’opera che ha suscitato addirittura l’ammirazione
di poeti come Gabriele d’Annunzio: il “Compianto sul Cristo morto” di Niccolò
dell’Arca. Tre statue raffigurano le Marie che quasi si avventano sul corpo
esanime di Cristo steso a terra, con i loro volti che sembrano gridare il
dolore e lo stupore per la morte di Dio. Al centro, muto e quasi rassegnato, si
trova Giovanni e ad un’estremità del semicerchio sta Nicodemo, che pare
distogliere lo sguardo da quel corpo morto. Davide Rondoni è poeta e scrittore,
ha fondato e dirige il Centro di Poesia Contemporanea dell’Università di
Bologna ma soprattutto è bolognese, se non di nascita quanto meno d’adozione.
Ispirandosi al gruppo statuario di Santa Maria della Vita ha scritto un testo,
una sorta di meditazione poetica, creato appositamente per essere letto
pubblicamente. Per questo motivo sabato 23 marzo Rondoni sarà a Catania e,
nella splendida cornice di S. Francesco all’Immacolata, reciterà i suoi versi.
Com’è nata l’idea di scrivere sul “Compianto”?
«La vista del “Compianto”
suscita un contraccolpo ed una commozione intensi in chiunque, fedele o
semplice curioso, vi si accosti con il cuore aperto. Il mistero del dolore
trova lì, nella tragedia di Cristo morto, il suo apice ed il suo fiore, nonché
la sua resurrezione. Proprio da questo sguardo è nato “Compianto, vita”».
Che cos’è che ha inteso comunicare attraverso questi versi?
«Ho scritto questo testo non appena
per comunicare qualcosa, altrimenti avrei potuto benissimo fare un articolo,
invece ho voluto mettere a fuoco, penetrare con tutto il magone, la violenza e
la mancanza di pudore possibili, l’oggetto verso il quale mi sono rivolto. Si
scrive per conoscere, e si comunica, anche senza volerlo, questa tensione».
Poesia e scultura: che significa per un poeta accostarsi ad un’altra
forma d’arte?
«Significa, come sempre,
ascoltare un suggerimento che arriva da altro da sé. Che sia un albero, un
volto o un'opera d'arte, non cambia».
In un contesto storico come quello che stiamo vivendo, per tanti versi
oscuro e confuso, cosa può dire all’uomo di oggi la Passione di Cristo? E in
cosa l’uomo può riporre la propria speranza?
«Come sempre nelle epoche in cui
la cultura e il pensiero dominante spacciano l'idea di un uomo astratto, che è
“a posto” perché sa assumere il controllo della creazione e di sé, l'ideale
finto dell'equilibrio, della onnipotenza economica o politica, ecco che il
dolore e il male restano lo scandalo che si tende ad occultare, il mistero che
si tende a esorcizzare o ad evitare. Non è un caso che tutti i grandi scrittori
della cosiddetta modernità si concentrino sul mistero del male presente, da
Leopardi a Baudelaire, da Conrad a Dostoevskij, fino alla O'Connor, Carver,
Roth e Ungaretti... Insomma, mettono il viso nello scandalo. Quello che Gesù ha
assunto e vinto nell'unico modo in cui persino un Dio può vincerlo.
Attraversandolo».