Lamberto Maffei, neuroscienziato di fama internazionale ed
attuale presidente dell’Accademia dei Lincei, la gloriosa istituzione fondata a
Roma da Federico Cesi nel 1603 e che annovera fra i suoi soci Galileo Galilei, si
è trovato ieri in Sicilia per tenere una lectio magistralis in occasione del
centenario della sede che ospita la biblioteca Zelantea di Acireale, curata
fino al 1866 dall’Accademia degli Zelanti, la più antica istituzione accademica
siciliana. La sinergia tra le due storiche Accademie e la mediazione del dott.
Saverio Continella, direttore generale del Credito Siciliano, hanno reso
possibile l’incontro con Maffei, le cui ricerche negli anni si sono concentrate
sullo studio del Sistema Nervoso Centrale attraverso l’utilizzo di tecniche
sperimentali come l’elettrofisiologia la psicofisica e la biologia molecolare.
Professor Maffei, lei
è un medico: come giudica lo stato di salute della ricerca scientifica oggi in
Italia?
«La sua domanda è molto difficile; io ho fatto il
ricercatore tutta la vita e mi rendo conto che la ricerca, così come la
scienza, è considerata una “cenerentola”, relegata in un angolo polveroso delle
stanze di coloro che decidono. Questo credo che sia una vergogna perché scienza
significa “domani”, significa “giovani” e probabilmente significa anche avere,
in futuro, un PIL maggiore. In particolare i giovani non sono trattati bene,
anzi se c’è una classe della nostra società che oggi è particolarmente
trascurata io penso che siano proprio i giovani. Non ci sono prospettive e molti
dei nostri giovani migliori, li vedo partire per non ritornare. Ma così
rischiamo di diventare un Paese senza cultura, senza domani e soprattutto senza
quelle energie che certamente non possono provenire dagli anziani. Molti
giovani ricercatori che lavorano con me sono ancora a tempo determinato: ma in
questo modo con quale concentrazione si potranno dedicare alla ricerca se
magari sanno che il prossimo anno non avranno la borsa di studio? Una cosa
inimmaginabile! E talvolta quando io mi trovo insieme ai miei studenti mi
vergogno perché gente con cui ho lavorato, a cui ho insegnato, che magari è
diventata più brava di me, la vedo completamente trascurata. Una vergogna».
Quale contributo può
dare un’Accademia, come può essere quella dei Lincei, nel contesto della
società attuale?
«Da quando ho assunto la presidenza dell’Accademia ormai
quasi cinque anni fa, ho pensato insieme agli altri Soci dell’Accademia di
dover fare qualcosa soprattutto per i giovani e che celebrare il passato è
certamente doveroso ma occorre anche costruire per le nuove generazioni. Ora, i
soci dell’Accademia sono tutti anziani, però sono tutti vecchi professori che
sono stati astri nel campo della scienza, della letteratura, delle belle arti,
ecc… E dunque abbiamo cominciato ad insegnare agli insegnanti. Sono stati
costituiti nove poli che corrispondono ad altrettante città e presto verrà
attivato anche qui in Sicilia il polo di Palermo, la cui finalità è quella di
sostenere e favorire il miglioramento dei sistemi d’istruzione nel nostro
Paese. Ed è una cosa che interessa moltissimo. Il 12 ottobre scorso
all’inaugurazione del polo di Bologna sono venuti 730 insegnanti! Alcuni soci
dell’Accademia, a titolo gratuito, di concerto con il Ministero dell’Istruzione
sono andati ad incontrare soprattutto gli insegnanti delle elementari e delle
medie – perché è dai bambini che bisogna cominciare – proponendo loro delle
lezioni di matematica, italiano e scienze naturali che hanno lo scopo di
offrire un metodo e dei contenuti che gli insegnanti poi offrono ai loro alunni.
Devo dire che questa iniziativa, intrapresa con grande sforzo, ha avuto un
successo enorme e molte città italiane adesso ci chiedono di aprire un polo lì
dove ancora manca».
Lei si è occupato per
tutta la vita di neuroscienze e ultimamente la sua ricerca si è focalizzata
sulle malattie neurodegenerative. Come coniuga la sua attività di scienziato
con quella, per così dire, “istituzionale”?
«Effettivamente un’altra attività che l’Accademia svolge,
sempre in sinergia con il Ministero, riguarda l’altro polo “debole”, ma
fondamentale della società: gli anziani. Accanto all’educazione l’altro tema di
cui la società civile deve occuparsi è appunto quello che riguarda la persona
anziana. Su questo tema però ho fatto un po’ più fatica a convincere i Soci a
porre in atto idee e soluzioni, però gli anziani nei prossimi dieci anni diventeranno
una vera e propria “emergenza” planetaria. Una vita più lunga significa dover
fronteggiare un crescente numero di persone affette da demenza senile e si
calcola che un malato di Alzheimer costa al sistema sanitario 50mila euro
l’anno. Se pensiamo che in Italia vi sono oggi circa un milione di malati ricaviamo
una cifra spaventosa ma il nostro governo non ha all’ordine del giorno il
problema della demenza senile! E queste persone non possono essere abbandonate
a se stesse. Occorrono strutture e personale adeguato, sviluppo della
farmacologica e della robotica. Ma è necessario anche, ed è questo il mio campo
specifico, intervenire per cercare di prevenire il più possibile l’insorgere di
queste malattie. A Pisa c’è un progetto già avviato, e che fortunatamente è
stato finanziato, dove le cliniche forniscono il loro contributo gratis.
Dall’Alzheimer non si guarisce, ma si può certamente migliorare la qualità della
vita delle persone malate e dei loro familiari. Ma occorre che le nostre
Istituzioni si facciano carico di questo problema come altri Paesi dell’Unione
europea stanno già facendo».
Pubblicato su La Sicilia giovedì 28 Novembre 2013