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sabato 6 aprile 2013

In carne e ossa il primo miracolo di don Pino


“In odium fidei”, in odio alla fede. È questa la formula attraverso cui la Chiesa Cattolica descrive coloro i quali hanno versato il proprio sangue a causa della loro appartenenza a Cristo. Ed è a costoro che primariamente spetta la palma del martirio e l’iscrizione nel libro dei beati. Don Pino Puglisi è uno di questi martiri, cioè, letteralmente, un testimone della fede. Per questo motivo sarà beatificato il prossimo 25 maggio a Palermo senza dover attendere l’attestazione del miracolo compiuto post-mortem così come prevedeno i canoni. Eppure un miracolo don Pino lo ha già fatto, e lo ha fatto quando era ancora in vita e operava a Brancaccio, il quartiere nel quale è nato e nel quale purtroppo ha perso la vita ucciso dalla mafia “in odium fidei”. La storia di Giuseppe Carini, potrebbe essere simile a quella, triste, di molte altri ragazzi nati e cresciuto a Brancaccio, il rione palermitano roccaforte del potente boss Michele Greco. Sin da piccolo vive a contatto con una mentalità per la quale essere un uomo temuto e rispettato, un uomo d’onore, è il sogno di ogni bambino. Sebbene la sua fosse una famiglia onesta, alcuni parenti ed amici invece erano legati a doppio filo a cosa nostra e Carini rammenta con terribile lucidità la guerra di mafia che insanguinò Palermo tra gli anni ’80 e ’90, la lotta tra i “viddrani” corleonesi ed i “cittadini” palermitani, la scomparsa di alcuni suoi congiunti vittime della lupara bianca e il suo desiderio crescente di vendicarli diventando a sua volta un uomo d’onore e un assassino. Ma l’imprevisto è dietro l’angolo. Da poco tempo infatti nella piccola chiesa di S. Gaetano a Brancaccio è arrivato un nuovo parroco, un certo don Giuseppe Puglisi: un incontro che gli cambierà completamente e definitivamente la vita. Roberto Mistretta (“Il miracolo di don Puglisi”, EdizioniAnordest 2013) ha voluto raccontare l’incontro di Carini con il sacerdote palermitano e lo ha fatto proprio attraverso l’io narrante del giovane che descrive il primo incontro con don Pino come non particolarmente suggestivo. Però la sua voce era diversa, «toccava il cuore. Don Pino parlava con semplicità. E lo sguardo, intenso, profondo, trasmetteva grande forza e serenità». È un nuovo inizio per Giuseppe: pian piano abbandona i vecchi “amici” e inizia a collaborare con l’opera di padre Puglisi. Non è facile, i risultati spesso sono scarsi o addirittura inesistenti, e spesso si deve ricominciare da capo. La tentazione di mollare tutto è forte ma era in quei momenti che don Pino diceva, con semplicità: «Non vedere tutto nero. La Provvidenza riuscirà a fare tutto perché è il segno della presenza di Dio». Giuseppe Carini è oggi un testimone di giustizia: ha cambiato nome, lavoro e vive in una località sconosciuta e protetta. Ma è lui il miracolo vivente di don Pino Puglisi perché tutto ciò che ha fatto lo ha potuto fare solo grazie a lui.  


Pubblicato su La Sicilia mercoledì 3 Aprile 2013

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