Dall'esperienza del Meeting Cairo lo scorso 28-29 ottobre, trentacinque ragazzi egiziani, cristiani e musulmani, sono giunti a Rimini per vedere da vicino cos’è il Meeting. Racconta Mohamed, per la prima volta nella città romagnola: «Ero curioso di vedere cosa fosse il Meeting di Rimini e desideroso di rivivere quello che, seppur in piccolo, mi ha colpito di più quando ho partecipato al Meeting del Cairo: la gioia che le persone provavano nello stare insieme». Gli fa eco Assal, anche lui per la prima volta a Rimini: «Quello che mi ha incuriosito di più è vedere due culture, quella egiziana e la vostra, entrare in rapporto tra di loro. Sono contento di essere qui ed è stupefacente lo sguardo che gli altri hanno su di me: l’amicizia instaurata con gli italiani mi ha fatto scoprire un modo nuovo di guardare alle persone. Io studio per diventare pilota di linea e non pensavo che, per esserlo, avrei dovuto fare le pulizie (tutti i ragazzi egiziani volontari al Meeting si occupano delle pulizie ndr), ma sono contento così, dice sorridendo». «Quello che mi ha sorpreso di più -riprende Mohamed- è stata l’armonia che c’è tra le persone che lavorano al Meeting, che è davvero immenso – e così dicendo traccia un ampio gesto con la mano-, e probabilmente questo è il segreto del suo successo. E – aggiunge- il più grande vantaggio, per me, è che io sono parte di questa armonia nella quale posso capire, comunicare, incontrare». Il presidente del Meeting del Cairo Tahani Al Gibali nel suo messaggio alla platea riminese ha ricordato di essere stata rimproverata quando aveva affermato di essere ottimista sul futuro dell’Egitto e su quello dei giovani egiziani. Mohamed e Assal sono totalmente d’accordo con lei: «Al Gibali ha ragione –afferma Mohamed-, gli egiziani, soprattutto i giovani, recentemente si sono aperti agli altri e hanno avuto la possibilità di sfruttare tanti canalie mezzi di comunicazione. Noi desideriamo un rapporto, una unione con le altre culture e le altre persone. Il successo del Meeting del Cairo, che ci ha portato qui a Rimini per approfondire questa amicizia, è la prova che non è una follia essere ottimisti in Egitto oggi». Il “new deal” egiziano ha bisogno della cooperazione di tutti, cristiani e musulmani, ha detto proprio a Rimini il vescovo copto-ortodosso Armiah e Mohamed e Assal concordano con questa affermazione: «Io ho iniziato a lavorare insieme ad un mio amico cristiano, -ricorda Mohamed-, e il venerdì andavo con lui in chiesa a pregare e poi andavo in moschea. Penso di essere stato fortunato perché mia madre, che è musulmana, prega per me, e la mamma del mio amico, che è cristiana, prega pure per me». «Gli egiziani sono come un corpo unico, –dice Assal- non c’è una contrapposizione tra cristiani e musulmani come spesso viene fatto credere e la rivoluzione di piazza Tahrir credo che abbia dimostrato proprio che quando in gioco c’era la libertà dell’Egitto, le differenze sono immediatamente scomparse: «La religione è di Dio e la Patria è di tutti», dice Assal citando un antico detto popolare». «Non vediamo l’ora di tornare a casa per raccontare a tutti ciò che di bello abbiamo visto in questi giorni – dicono alla fine quasi in coro i due ragazzi-, -se ci mancherà qualcosa?- Sì, il vostro caffè espresso: è straordinario!
Pubblicato su La Sicilia venerdì 26 Agosto 2011