“Verso le periferie del mondo e
dell’esistenza. Il destino non ha lasciato solo l’uomo” è il titolo
dell’edizione 2014 del Meeting di Rimini, la grande kermesse politico-culturale
che ad agosto si svolge nella città adriatica e che quest’anno ha tagliato il
traguardo delle trentacinque edizioni. Un tema, quello delle periferie, assai caro
a papa Francesco ed al quale egli si è richiamato fin dall’inizio del suo
pontificato un anno e mezzo fa ma anche un tema che spesso è stato interpretato
in modo non del tutto corretto se non addirittura sbagliato rispetto alle
intenzioni originarie del papa. Ospite del Meeting è stato padre Antonio
Spadaro, sacerdote gesuita e direttore de La Civiltà Cattolica,
il quale conosce bene il suo “confratello” Bergoglio e che abbiamo incontrato
lungo i padiglioni della fiera che ospita la manifestazione riminese.
Padre Spadaro il titolo di questa edizione del Meeting come risponde, secondo
lei, alle preoccupazioni che stanno più a cuore al Papa?
«Il titolo del Meeting si
sofferma sulle periferie e questo è un tema centrale nel pensiero di papa
Francesco il quale ama vedere la realtà in maniera poliedrica. Egli ha detto
più volte infatti di non amare, geometricamente, parlare di sfera perché nella
sfera tutti i punti sono equidistanti dal centro: si tratta alla fine –
sostiene il papa – di una omologazione. Il poliedro invece è sfaccettato ed
ogni faccia è originale ed ha una sua disposizione differente rispetto al
centro. Il concetto di periferia è in realtà un concetto complesso perché il
Papa con “periferia” vuole intendere la realtà, quella realtà che è appunto
sfaccettata, ricca, complessa; l’abbiamo visto proprio in questi giorni con il
recente viaggio in Corea… Francesco ha avuto l’intuizione spirituale di
accettare immediatamente l’invito ad andare lì perché in fondo la penisola
coreana è un fascio di frontiere nel quale confluiscono tutte le tensioni del
Novecento. Vivere la periferia secondo il Papa significa vivere la realtà con
una prospettiva differente carica di attenzione e di cura per tutto ciò che di
solito non cade sotto gli occhi distratti dei più. La periferia allora è la
vita stessa e le periferie sono le persone poste ai margini. Secondo Bergoglio
quindi guardare la realtà secondo questa prospettiva non è un punto di vista ma
un punto di vita. Il Meeting centrandosi sulle periferie intende avere questo
sguardo originale sulla realtà».
Il titolo del suo intervento qui a Rimini è “La verità è un incontro”.
Oggi però sembra che la questione della verità sia diventata un terreno di
scontro in cui entrano in conflitto due modi o meglio, due mondi contrapposti
di concepire la realtà, la vita, la spiritualità. Cosa vuol dire allora che la
verità è un incontro?
«L’approccio di Francesco è un
approccio radicalmente pastorale. Questo
significa che per lui la verità non è da considerare come un’enciclopedia di
contenuti o di valori e nemmeno un’enciclopedia di valori e di battaglie da
compiere in nome di questi principi. Per il papa la verità è l’incontro
personale con il Signore, la percezione dell’attrattiva Gesù come la definiva
don Giussani in un suo libro. La verità del Signore si dà esattamente in
quest’incontro e non in un’elencazione astratta di idee e principi. Comunicare
il Vangelo alle persone significa aiutarle ad incontrare questa sorpresa.
L’incontro con Cristo genera poi una capacità di incontrare l’altro che è
veramente di grande apertura. Il papa, soprattutto durante il viaggio in Corea
nel discorso ai vescovi dell’Asia, ha fatto un passo avanti nel concetto di
dialogo, superandolo addirittura, e parlando di empatia. Ha detto con grande
chiarezza che l’obiettivo non è solo ascoltare l’altro ma accoglierlo nella
propria casa cogliendo quello che il suo cuore dice al di là delle parole che
esprime. Si capisce allora che il papa arriva ad un livello molto profondo di
incontro dove ci si trova davanti ad una apertura assolutamente radicale nei
confronti dell’altro. La certezza interiore che la verità è un incontro diventa
inoltre qualcosa che assume anche una valenza politica».
In che senso politica?
«Quando il papa ha visitato la Terra
Santa, ad esempio, ha evitato completamente di porsi nella
simmetria geometrica dello schema vittima-carnefice ed ha imposto invece un
altro schema che è quello dell’amicizia. L’incontro simbolicamente culminante
di quel viaggio è stato l’abbraccio davanti al Muro del pianto tra Francesco,
il rabbino Skorka e l’islamico Omar Abboud. Ma non è stato appena l’incontro
tra un cristiano, un ebreo ed un musulmano ma è stato l’incontro fra tre amici!
Il papa ha quindi imposto il livello dell’amicizia in luogo in cui di per sé
avrebbe dovuto prevalere l’incontro di tipo istituzionale-diplomatico. La
diplomazia, che pure è necessaria, ha un elemento di ipocrisia, l’amicizia
invece ne è completamente priva. Impostando le relazioni sulla base
dell’incontro di amicizia, saltando tutte le mediazioni, il papa ha dato una
forma al modo di affrontare il conflitto, una forma che è originale e profetica,
basata su realtà umane comprensibilissime da tutti».
Pubblicato su La Sicilia sabato 30 Agosto 2014