«Contenuti, credibilità, creatività, comunità,
conversazione, condivisione. Sono queste le parole che descrivono quella che
chiamerei la legge delle “sei c” senza la quale sarebbe impossibile pensare il
giornalismo di oggi». Marco Bardazzi è caporedattore centrale e digital editor
del quotidiano “La Stampa ”
e il suo lavoro consiste proprio nel coordinare i vari contenuti digitali del
giornale integrandoli con quelli cartacei: una specie di “smistatore dei treni
all’interno di una redazione”, per usare le sue stesse parole.
Può spiegare meglio
in cosa consistono queste “sei c”?
«Oggi quella che potremmo definire una redazione
tradizionale presenta sostanzialmente tre punti di forza: l’attenzione per i
contenuti, una solida base di credibilità e una buona dose di creatività.
Queste qualità garantivano, e garantiscono tuttora, l’autorevolezza della
redazione e di coloro che ne fanno parte. A queste tre caratteristiche è
necessario però affiancare il contributo che, da dieci anni a questa parte
ormai, la rete ci offre in termini di comunità, conversazione e condivisione.
Credo però che occorra aggiungere un’altra “c” che le contenga tutte:
contaminazione».
In che senso?
«Sono convinto che questa sia la parola chiave per
comprendere quello che sta accadendo oggi nei giornali. I giornali hanno
bisogno di “contaminarsi”, di aprirsi cioè a tutta una serie di realtà con cui
prima non avrebbero lavorato. Se prima ad esempio, per preparare la copertura
delle elezioni politiche ed ottenere i dati, gli interlocutori privilegiati
erano la Rai , gli
uffici stampa dei partiti, il Viminale, adesso si lavora con Google, Yahoo,
Facebook, Twitter, con le “app” da scaricare sullo smartphone per vedere dove
si svolge l’evento politico più interessante… È così che bisogna pensare il
giornalismo oggi».
Eppure qualche giorno
fa, il 15 dicembre, ha ufficialmente chiuso i battenti “The Daily”, il
quotidiano on-line di Rupert Murdoch interamente pensato per i tablet. Cos’è
che non ha funzionato secondo lei?
«Il “Daily” è morto perché la loro idea di sviluppare un
giornalismo esclusivo per i tablet si è rivelata limitativa, in quanto il mondo
dei tablet è stato ridotto ad una nicchia isolata che non dialoga con tutto il
resto; è molto più interessante, ed anche più difficile, lavorare su un tipo di
giornalismo “multipiattaforma” che, con uno stesso gruppo di professionisti,
riesce ad essere presente sulla carta, sul tablet, sullo smartphone, sul pc. È
il concetto di contaminazione cui accennavo prima che è venuto meno, anzi, nel
caso del “Daily” non c’è mai stato».
Come vede il futuro
dei giornali di carta? Esisteranno
ancora o verranno totalmente soppiantati dall’on-line?
«È inevitabile che la velocità e la facilità con cui si
apprendono le notizie rendono il giornale cartaceo già “vecchio” la mattina
stessa in cui lo si compra in edicola, perché nel frattempo il suo alter ego
on-line avrà già fornito una serie di aggiornamenti in tempo reale; penso
tuttavia che il quotidiano di carta riuscirà a resistere anche se dovrà
ripensare profondamente il suo stesso ruolo: non ridire quello che è successo e
che già si conosce, ma allargare lo sguardo, approfondire, offrire al pubblico
dei lettori chiavi di lettura adeguate per decifrare i fatti accaduti».
Pubblicato su La Sicilia giovedì 21 dicembre 2012