Anno di Grazia 1133, monastero di
Astino, situato nella valle omonima a ridosso della zona occidentale della
città di Bergamo. È in questa cornice che si svolge la vicenda di Folco dei
Lamberti e degli altri personaggi usciti dalla penna di Francesco Fadigati,
giovane docente di lettere ed appassionato, fin dagli anni universitari, di
storia e letteratura medioevale. Con “La
congiura delle torri”, Fadigati entra di diritto nel mondo dei “romanzieri
storici”, di coloro cioè che vogliono raccontare una storia rimanendo tuttavia
fedeli al dato autentico del passato. Il Medioevo in effetti è un periodo che
“tira” molto, basti pensare ai numerosi titoli che affollano gli scaffali delle
librerie, senza contare un numero cospicuo di videogame oggi in circolazione, tutti
accomunati dall’ambientazione nell’età di mezzo. Troppo spesso però viene
restituita un’immagine sfocata di quell’epoca se non, in alcuni casi,
brutalmente mistificata: il Medioevo come periodo oscuro, eslege, violento,
bigotto; oppure il Medioevo come una sorta di epoca d’oro, in cui i valori
dell’amore, della cavalleria, dell’onestà e dell’obbedienza sono talmente
esasperati da rasentare il “fantasy”. Fadigati offre un valido punto di vista
alternativo: la trama del suo romanzo poggia infatti su robusti dati storici
offrendo quindi un’immagine persuasiva non solo della Bergamo medioevale, ma
anche del contesto europeo del XII secolo all’interno del quale la vicenda si
svolge. È possibile così seguire le imprese del giovane cavaliere protagonista
della storia, insieme a quelle dei suoi compagni d’armi, le feroci lotte
intestine che in quel periodo insanguinavano i comuni, le congiure che venivano
ordite, inserite nel più ampio contesto della dialettica che vedeva
protagonisti il Papa e l’Imperatore all’indomani del Concordato di Worms ed a
cui ciascuno guardava come punti di riferimento per la propria vita. Emerge,
scorrendo avidamente le pagine del romanzo, un Medioevo “genuino”, lontano
tanto dall’idea di epoca “buia”, quanto da quella edulcorata, ma parimenti
falsa, di epoca felice; un Medioevo in cui domina un’idea di fondo, un’idea che
l’epoca moderna ha tragicamente sradicato via da sé: che l’uomo è rapporto con
Dio e dunque tutto, mangiare e bere, vegliare o dormire, vivere o morire,
amare, lottare, lavorare è in funzione di questo rapporto costitutivo.
Pubblicato su La Sicilia lunedì 16 aprile 2012